Red Rocket

Nessuno ha saputo fotografare e raccontare poeticamente il paesaggio periferico americano meglio di Sean Baker, talentuosa voce del new indie cinema a stelle e strisce.
Dalle periferie abbacinanti di Hollywood (Tangerine suo primo film girato interamente con degli iphone 5s sulla vita di due sex-worker transessuali) , alle vite dei perdenti del Sogno Americano ambientati nei sobborghi  fiabeschi di Disneyworld in Florida (Un sogno chiamato Florida), fino al Texas industriale dai colori molto pop del suo ultimo film, Red Rocket (2021) presentato in Concorso a Cannes, tutto fabbriche e canali, filmato per la prima volta in 16 mm, che vediamo scorrere dal finestrino del bus prima ancora che il regista ci presenti i suoi personaggi,  a riprova che il paesaggio è un personaggio dei suoi film.


Ancora una volta Baker torna raccontarci l’America ai margini seguendo le vicende di  Mikey Saber, ex star del porno (come Simon Rex, l’attore che lo interpreta con convinzione) che caduto in disgrazia, decide di lasciare Los Angeles per tornare a casa nel profonda Texas City e installarsi sul divano della ex moglie Lexi (anche lei ex pornostar) e la suocera. Nessun ritorno da figliol prodigo per lui, anzi. Deve pregare per essere ospitato promettendo loro protezione e soldi.
Mickey si arrangia vendendo erba, mentre con la moglie ricuce il rapporto grazie al Viagra.

Ma quel Texas mediocre e lontano da tutto gli sta stretto: stona con le sue ambizioni di riscatto. Aspirazioni che divampano quando incontra nel più colorato dei negozi di Donuts della cittadina, l’incantevole Strawberry (Susanna Son, attrice e musicista scovata da un casting su Instagram), miscuglio perfetto di una Lolita tanto innocente quanto erotica. In lei Mickey intravede tutti gli ingredienti per lanciare una nuova stella del porno e poter tornare a vecchi fasti: basta tornare con lei a Los Angeles e farle da guida smontando ogni sua eventuale resistenza.

Sean Baker dipinge la parabola fatta di alti e di bassi, di slanci e di fallimenti di un eterno Peter Pan narcisista  incapace di stare con gli altri senza usarli come pedine per le sue trame: un ritratto senza redenzione, cupo ma allo stesso tempo divertente e umano del sogno americano e della sua doppia faccia.

Una favola amara senza speranza, ma meravigliosamente glassata dalla fotografia ipercolorata dell’autore.
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