One second

Zhang Yimou è considerato uno dei registi cinesi più importanti con un palmares ricchissimo.
Nel 1988 vinse all’esordio l’Orso d’oro a Berlino con “Sorgo Rosso“, divenendo poi uno dei più celebrati registi del globo.”La Storia di Qiu Ju” (Leone d’oro a Venezia nel ’92 e Coppa Volpi a Gong Li come migliore attrice), “Vivere!” (Gran premio della giuria e premio per il migliore attore a Ge You, Cannes 1994), “Non uno di meno” (secondo Leone d’oro a Venezia nel 1999) senza dimenticare “Lanterne rosse” (Leone d’argento e nomination all’Oscar) e “La strada verso casa” (Orso d’argento, Gran premio della giuria a Berlino 2000).

Un regista osannato nel resto del mondo eppure spesso criticato in Cina dove molti dei suoi film erano proibiti. Tutto questo finì quando il regista decise di cambiare registro, realizzando film di cappa e spada cinesi come “Hero” (per la terza volta candidato all’Oscar nel 2003) e “La Foresta dei pugnali volanti“, che gli permisero di ingraziarsi il governo cinese fino ad essere scelto come regista della cerimonia di apertura e di chiusura dei Giochi olimpici a Pechino nel 2008, dopo la rinuncia di Steven Spielberg.

Era dai tempi di quella spettacolare cerimonia  che non si sentiva più parlare di Zhang Yimou come di un regista dissidente. E invece eccolo di nuovo alle prese con la censura che ha ritardato di ben due anni l’uscita del suo penultimo film intitolato One Second (2020), iscritto in un primo momento al Festival del cinema di Berlino nel febbraio 2019, fu poi ritirato all’ultimo momento per «problemi tecnici di post-produzione» (che sempre decifrato dal mandarino significa spesso «sgradito alle autorità»).

La storia è ambientata tra i deserti della provincia cinese del Gansu durante la Rivoluzione Culturale maoista: Zhang Jiusheng (Zhang Yi), un evaso dai molti centri di rieducazione e Liu Guinü (Liu Haocun) un’orfana emarginata, s’incontrano e si scontrano, con tocchi che vanno dal dramma storico alla comica chapliniana, attorno a una pizza contenente la pellicola di un cinegiornale che per un secondo (da qui il titolo) inquadra la figlia morta di Zhang.

Lui vuole vedere a tutti i costi la figlia scomparsa mentre lei è alla ricerca di celluloide per realizzare un paralume e fare un favore al fratellino.
La lotta tra i due per il possesso della pellicola diventa un duello a tre quando finiscono di fronte a “Mr. Film” (Fan Wei), proiezionista di partito, e ovviamente feticista della celluloide e dell’immagine, in quel remoto angolo di Cina dove il Cinema è soprattutto sogno collettivo, e non solo politica.

E che il cinema sia una vera festa popolare lo si vede molto bene quando l’intero villaggio, militarizzato da Mr. Film, partecipa al restauro della pellicola rovinata dal viaggio e dalla sabbia, lavandola con cura e delicatezza e asciugandola con dei ventagli evitando in tutti i modi di graffiarla e rovinarla.
E poco importa se il film da vedere è praticamente (quasi) sempre lo stesso (Heroic Sons and Daughters, pistolotto epico propagandistico), quello che conta è poter rivivere ancora una volta la magia della luce nel buio di una sala scalcagnata realizzando alla perfezione l’indottrinamento mascherato da sogno ad occhi aperti.

Impossibile, almeno per un attimo, non pensare al capolavoro di Giuseppe Tornatore “Nuovo Cinema Paradiso”. La nostalgia di Zhang Yimou per un’era ormai perduta, più tattile, tiene insieme il film e lo rende commovente.
Il suo tributo a un cinema che fu e al modo in cui veniva percepito si lega indissolubilmente al personaggio di Zhang Jiusheng , un uomo aggrappato a una vita che gli è stata rubata.
(Ricordiamo che Zhang Yimou è stato vittima della Rivoluzione Culturale passando ben dieci anni a “rieducarsi” come operaio nei campi e in una fabbrica tessile).

One Second non sarà forse il film che il regista voleva, alcune scene sono state completamente rigirate per superare lo scoglio della censura. Ma non importa.
Rimane un bel  frammento di cinema nel deserto dei contenuti. Coi tempi che corrono, basta e avanza.

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